Apologia a Cersei Lannister: a regina ‘re vrenzole

Ne sono convinta; nonostante la crisi, la sparizione delle mezze stagioni, i vecchi su facebook, le minne delle minorenni sull’instagram, le matriarche no vax, la Lega, Pamela Prati e l’uomo invisibile, Temptation Island e Non è la D’Urso, possiamo ostentare una boriosa fierezza nell’essere (sopra)vissuti in questo periodo storico. Tra le cause più ragguardevoli, pronte a reggere il peso di questa mia affermazione dal culo over-size, mi sento intimamente di annoverare: l’epilazione laser, i filtri nella fotocamera, le ricette di Cannavacciuolo, Piero Angela, le gioie di Real Time, la venuta al mondo di maggembre (?), gli Avengers feat. le natiche di Chris Evans, e GAME OF THRONES.

No perché, seriamente, otto anni or sono ‘sta serie ha rotto la quarta parete ed è entrata in casa nostra. Daenerys ci ha insegnato a sostituire l’inflazionato “vaffanculo” con il sofisticato “dracarys”; Jon Snow ci ha impartito una lezione simile a quella che ci veniva edulcorata a tavola quando lasciavamo i broccoli nel piatto, sulle note del “pensa a chi sta peggio di te”; Sansa ci ha fatto capire che nascere minchione non sia una condizione irreversibile; Arya ci ha dimostrato gli effetti di una devozione imperitura, “nel nome di Fantaghirò, del figliolo mancato lady Oscar e dello Spirito di Atena, amen”; Tyrion ci ha esposto il campionario sulle modalità per salvarsi il culo; Bran ci ha dato prova che essere utile quanto il palinsesto estivo della Mediaset nasconda la chiave criptata per il successo.

Ma, lettori profani e fedeli, esiste un personaggio che valica i confini della pedagogia a noi nota. Una donna che ride in faccia al ricordo della Montessori e usa i dettami di Gandhi come lassativo solubile nel vino. Una femmina che ti sferra un calcio nelle palle con uno sguardo, che ne sa una più delle ottantenni sui balconi, colei che una volta scelta la sua sedia preferita non la molla manco davanti ad una calamità in stile “the day after tomorrow” o ad un’aspirante regina che sbrocca nella piromania.

Cersei Lannister è la alpha woman per antonomasia, colei che sta al trono come Siffredi sta al porno. La quintessenza della troiaggine, l’incarnazione del lemma “stronza”, la paladina di una giustizia all by myself.

Da estimatrice impenitente di vagiaina dotate sprezzanti e coerenti, anche nel loro essere squilibrate, la mia elegia va alla bionda incestuosa con una fertilità galvanizzata. Ripercorriamo allora, insieme, l’ascesa della queen indiscussa di tutto il cucuzzaro.

Capitolo 1: ti ammazzo la vita

Cersei, per gli amici Cesira, dimostra agli spettatori d’essere un ricettacolo ambulante di addestramenti da seguire con audace inclinazione. E lo fa da subito. Sposa un marito lardoso che la schifa e tanfa di cantina, con la predilezione per il rutto libero e la figa, nel rispetto di un’enfasi che ricorda il maschio di tipo 1 nel pubblico di Ciao Darwin. Lei per consolarsi, risparmiando tempo e denaro, resta in famiglia come la pro-nipote che di cognome faceva Logan (Brooke): sceglie suo fratello come ginecologo e padre della sua prole dal fulvo pelo. In gran segreto, ovviamente. Regola nr.1 della pittulera: conoscere ogni singola sfumatura degli altrui cazzi, preservare i propri usufruendo di una password, un lucchetto di Ponte Milvio, un incantesimo da fattucchiera popolana e bungee jumping inferti ai danni di occhi indiscreti. Non sono immuni donne e bambini. Soprattutto gli ultimi.

Ma la soluzione finale, per sbrogliarsi da pratiche burocratiche intricate, non è quindi il divorzio ma un bel cinghialotto con istinti omicida mirati e un bel vinello dal tasso alcolemico incredibbbile. E Corrida sia. Robert Baratheon viene rispedito al Creatore e il trono di Spade si libera dalla pesantezza di una coppia di chiappone nient’affatto impalpabili.

Cesira insegna: il tuo sposo ti tradisce ripetutamente e ha fatto del mantra “ogni buco è trincea” il suo mood perpetuo e inamovibile? Non piangerti addosso, liberati dalla tentazione di diventare la nuova desperate housewife e ordisci un piano pulito a distanza: fallo incornare, in tutti i sensi, da un suo simile. Te lo levi dai coglioni e ci risparmi in sedute di acido ialuronico per cancellare i segni di una stanchezza pissico-somatica indotta. Ripristini il regime matriarcale, a cui sono devote le volitive donne con la parannanza, e scagli sui tuoi sudditi il potere inceneritore dei fulmini di origine oculare.

A te non costa nulla. Per noi è una fonte di soddisfazione enorme.

Capitolo 2: cor i mammà

Come ciascuna cattivona che si ossequi, se non esercita un potere boa constictor sulla vita dei figliuoli non può assurgere alle più alte cariche onorifiche amministrative nella confraternita “quel futuro mostro di suocera”. Cesira, in questo ambito specifico, ha lo stesso numero imbattuto del Berlusca al Governo. Dal primogenito all’ultimo, esercita la confutazione del detto “mazze e panelle, fanno i figli belli”: risultato? Joffrey viene giustificato nel suo atteggiarsi a bestia di Satana, Myrcella e Tommen hanno il potere decisionale di un povero sventurato davanti alla risposta “non ho niente”. Tutti e tre crepano malissimo, nel caso di Joffrey la leggenda narra che le urla da ultras riecheggiano ancora sulla collina di pony, ma non le si dica che non abbia provato a difenderli sempre. Pure quando l’esemplare storto della progenie aveva scelto di fare il cosplay di Robin Hood usando i corpi delle puttane come tiro a segno.  Anche quel giorno in cui aveva fatto fare la fine di Maria Antonietta a Ned Stark. “Sono ragaaaazzi” – state of mind.

Ma è con le nuore che la regina dei 7 Regni ostenta tutto il suo leggendario potenziale. Nella generosità di un sapere innato, a Sansa insegna che l’essere vizzoca non sia una virtù, a Margaery che il tentativo di sfidarla dura uno spettacolo pirotecnico alla sagra della grispedda.

Cesira insegna: la famigghia è il bene primario, quello a cui ogni buona madre deve dedicare tutte le fibre del suo essere (mentecatta). E se le spasimanti sgallettate che puntano, prima alla dote e poi al pisello di tuo figlio, sono anni luce dall’essere classificate all’altezza, eliminale. Rimuovile, sopprimile, falle esplodere. Evita loro l’umiliazione pubblica per l’incapacità di non saper stirare le camicie. Risolvi la rogna senza lasciare tracce che manco CSI e i RIS di Lorenzo Flaherty potrebbero sprecarci 3 stagioni per arrivarci.

Capitolo 3: coerente fino al trapasso

Tutti, pure gli scontati sostenitori dei personaggi “gnegne” con il mutuo sulle nuvolette rosa, non possono esimersi dall’ammettere una realtà così inoppugnabile: Cesira s’è ammogliata con l’intangibile coerenza. Dal primo all’ultimo episodio, è stato l’unico dovere coniugale che ha riverito fino alla fine. Granitica e superba nella sua condotta da piaga d’Egitto, non ha mai subito tentennamenti o dubbi sulla sua posizione ostinata. Manco quando l’Alto Passero ha provato a farla diventare ‘na timorata di Dio con mire da missionaria. Un personaggio immenso nella sua bastardaggine sempreverde, inarrendevole nel servire la sua vendetta, anche ad un passo dal diventare uno spiedino flambè.

Ad una certa perde tutto: figli, fratello/gemello/amante/fidanzato/compagno, chioma fluente. Resta sola, di nero vestita con il caschetto di Nino D’Angelo e la ripugnanza strabordante verso il genere umano. L’unico legame affettivo che le resta è quello con il sedile del trono più scomodo mai concepito dai più passivi dei masochisti. Ultimo segno semantico di detenzione di big power e badass a tempo indeterminato. E guai a chi prova ad assittarcisi sopra.

Cesira insegna: combatti per un obiettivo e lo ottieni dopo 101 disgrazie patite e un prolasso vaginale? Appartieni a quella compagine di persone che fanno della ritorsione l’eau de parfum della propria esistenza? Non si molla un cazzo, allora. Sempre e comunque, fino al giorno in cui ignorare le prove di evacuazione sismica mette fine alla tua epica avventura.

Grazie, Cesì. In alto i calici, sei la meglia.

Alessia

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