Donne e amicizia: 1 paio di etti di ipocrisia, grazie

Se penso ad un ambito della nostra nobile esistenza in cui il maschio – con le scurregge nella scatola cranica e un solo neurone eremita che gravita nello spazio e un senso dell’orientamento violato dalla suddetta aria viziata- vinca sulla femmina per propensione naturale è uno: l’amicizia.

Lungi da me adagiare le terga su un morbido giaciglio di stereotipi da discount, ma sfido qualsivoglia individuo ad abbandonarsi ad un libero moonwalk sul campo impervio della fratellanza femminile. Non solo si rischia una craniata sui ciottoli dei vicoli asfaltati con lo sputo, ma la chance di incappare un miraggio sullo sfondo, dopo la seconda piroette, è quotata 10:1.

Non ci prendiamo per il culo, la stragrande maggioranza delle vagina dotate ha il tratto “falsità” nel proprio acido desossiribonucleico. Basta andare a farsi un giro su facebook, sotto le foto profilo di una tizia randomica, per fare il conteggio dei complimenti melensi distribuiti come i biglietti da visita di herbalife. Se il target in questione, poi, si avvicina ad una versione più addolcita di Demo Morselli, le moine crescono esponenzialmente.

Perché funziona così, esiste un solo modus operandi applicabile a due situazioni antitetiche: quando la femmina si convince di essere più figa di una sua “amica” e quando ad essere più figa è l’altra. Nel primo caso, quando la tipa è un boiler ci si appresta a sfoderare una dedizione da ultràs con incoraggiamenti del tipo “amo, sei bellissima con questo leggins! Prossima volta proverei quello più chiaro, ti rende più luminosa!”. Nel secondo caso, invece, si digita il complimento sulla tastiera con la stessa raggia canina di Zidane che tira una capata a Materazzi : “Bellissima, tesoroooooo”, per poi confidare alla prima anima che incontra quanto invece sia troia nel suo atteggiarsi, manco fosse la Bellucci-o-mio-Dio.

A te non costa nulla. Per noi è una fonte di soddisfazione enorme.

Questo perché la donna ha un difetto di fabbrica grande quanto le minne siliconate della Cipriani: soffre la competizione. Ci nasce, ci cresce e ci crepa. Non c’è un cazzo da fare. Ancora si attende la scoperta di una Stele appartenente al periodo Egizio, raffigurante due signore nell’atto di strapparsi i capelli l’un l’altra per contendersi l’ultima goccia di “eye-liner”.

Non parliamo poi di un ipotetico triangolo amoroso. Ho visto maschi disposti a farsi cambiare la residenza a Timbuktu pur di resistere all’impellenza di azzuppare il biscotto nella tazza della fidanzata del proprio compagno di merende. Per due amiche che si infatuano dello stesso membro, invece, la situazione assume le sfumature di un set di Sergio Leone. A meno che ‘ste due non siano davvero unite da un legame autentico celebrato con un patto di sangue al primo giorno di menarca, con la luna piena e la perturbazione proveniente da nord-est, sui generis è guerra dichiarata. Diventa una questione di principio, pure se Goffredo per definizione si avvicina etimologicamente al valore di uno spruzzetto, di nome e di fatto, conquistarlo diventa più importante dell’appuntamento dall’estetista 12 ore prima di un’uscita galante.

Insomma, pare brutto arrischiarsi a prendere come esempio l’uomo in qualcosa in cui spesso dichiara una manifesta superiorità di stile. Facciamolo sentire importante come la madre quando gli fa una standig ovation nel momento in cui lo sorprende a sbucciarsi la mela da solo. Meno scuoricinamenti in bacheca, più rutto libero in compagnia.

Ps: comunque siete tutte bellissime, vi lovvo quanto l’umidità!

Alessia

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