La logica femminile su WhatsApp
Noi donne, si sa, siamo il pepe della vita.
Siamo multitasking, versatili, sappiamo ascoltare, abbiamo un “sesto senso” infallibile, questa tendenza – che io invidio molto e che ahimè non mi appartiene- a essere una sorta di forza “centripeta” che riesce a mantenere equilibri in situazioni diverse effettuando manovre funamboliche senza renderlo manifesto, abbiamo una maggiore sopportazione del dolore, siamo più empatiche tendenzialmente e più disposte al sacrificio, abbiamo buona capacità di giudizio e siamo protagoniste di rinascite memorabili.
Ma siamo innegabilmente, inesorabilmente, implacabilmente delle rompicoglioni con attitudine paranoica.
Ammettiamolo.
Noi donne ci facciamo i film.
Partono pellicole magniloquenti con trailer che sintetizzano un’opera magna degna della trilogia de “Il Padrino” in un nanosecondo.
Attitudine esasperata negli esseri dotati anche di ansia – e pertanto con combo paurosa che “Samarachallenge” fammi una pippa- la quale permea molti dei processi mentali che si istaurano nell’utilizzo di uno strumento – con genesi assolutamente utile e in perfetta sintonia con il progresso di cui siamo spettatori- noto con il nome di WhatsApp.
Volendo fare una ricognizione immediata ,qualora siate appannaggio di quell’esiguo numero di mosche bianche che non lo possiedono sul cellulare, WhatsApp – appunto- è un’app gratuita di messaggistica istantanea creata nel 2009 diffusa a livello globale; di fatto un servizio utilissimo che permette delle comunicazioni di mera messaggistica immediate, ma anche invio file, video , audio, telefonate che utilizzano esclusivamente la connessione internet ( e non quella telefonica) e video con l’interlocutore.
In altre parole – volendo fare un’analisi sociologica che valichi i meri benefici utilitaristici in termini di abbattimento tempo, spazio, costi- semplicemente ciò che trova maggiore comprensione in un concetto più immediato: l’ ANTICRISTO.
Signori davvero, se spremiamo un attimo le meningi e ci andiamo a fare una passeggiata dietrologica, capiamo che dietro a questa operazione – apparentemente con un occhio esclusivamente al progresso- c’è una mente diabolica.
Diciamolo pure.
A te non costa nulla. Per noi è una fonte di soddisfazione enorme.
Innanzitutto siamo sempre col cellulare in mano, siamo diventati degli asociali col dito a mitraglia e abbiamo – complice il limite, appannaggio della forma epistolare, della mancanza di un interlocutore dal vivo – prestato il fianco a delle paranoie che trovano meglio espressione nella terminologia avanguardistica e perfettamente afferente all’anglofonia che “fa figo” meglio nota con la parola: “movie”.
Insomma le varianti sono tante, e vanno dall’ “action” al “thriller” al “romantic” alla “comedy” e a “pornhub”, ma davvero, noi donne diventiamo registe che al confronto Steven Spielberg è un semplice apprezzatore di improbabili video amatoriali da condividere su “Welcome Favelas”.
Questo è quanto.
Inutile indignarsi, arrabbiarsi, agitarsi nella migliore tradizione vittimistica che ci appartiene: è così.
Poche balle.
Le chat WhatsApp sono dei veri e propri pantani emotivi in cui il gentil sesso – volente o nolente – cade; sono un labirinto viscerale, sono una piaga d’Egitto.
A parte le persone che sono andate in analisi per le spunte blu- e qui comunque c’è da dire che chi non risponde sia un maleducato- proprio a causa di questa nostra personalissima capacità di creare il problema anche in una semplice equazione matematica, la cosa lampante – qualora si voglia effettuare un’analisi comportamentale dei sessi- è la tendenza maschile a rispondere con un “ok” , cosa assolutamente prova di colpe, a una domanda , un panegirico sentimentale o un pippone sul “tu non mi rispetti” che in genere ha la sua genesi nelle chiappe da urlo di una gentil donzella.
Cioè, il semplice “ok” maschile è la causa del picco di nervosismo femminile, è perfino peggio del lievissimo cambio d’umore dovuto al ciclo.
Un toro imbizzarrito al confronto è un esponente del monachesimo tibetano.
Il sangue al cervello è accompagnato da un apparentemente innocuo arricciare le labbra e espirazione respiratoria assolutamente sottolineata e indugiata.
E’ il preludio di uno Tzunami postumo e rigorosamente live in cui il vostro scroto rischierà di prolassare.
Meglio fingervi morti.
E’ la causa dei vari “dobbiamo parlare” in cui tutti gli uomini sono incappati almeno una volta nella vita.
E’ la causa di un immaginario votato a pensare le probabili cause in cui si notano i minimi particolari.
Tra le varie paranoie pervenute, ad esempio, c’è la fatidica domanda “ma perché non ci ha messo lo smile, un cuoricino, una faccina?”
E partono le paranoie.
Cose che manco Mata Hari sarebbe riuscita ad immaginare.
Questi tediosi retro- pensieri in cui, siccome l’altro è oggetto del nostro desiderio, lo diventa automaticamente del mondo.
Questa giustificazione costante – a mio avviso deleteria- della gelosia vista come una manifestazione di amore.
Signore,semplicemente , non rompete i coglioni sul significato nascosto.
Ok vuol dire sì.
Valentina
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