Eziologia del tormentone musicale: gli indimenticabili anni ‘90.
Ognuno di noi l’ha canticchiato.
Dichiariamo la dura, inesorabile, a tratti scomoda verità.
Che si appartenga alla categoria dei fruitori musicali di mostri sacri spocchiosa nei confronti del resto del globo o alla cerchia più ricercata di nicchia propria del radical chic esponente del perbenismo progressista dei più abbienti propendenti per Guccini -quelli che esibiscono ancora la tolfa e che hanno l’aria vagamente snob, per intenderci –o ancora dei puristi del pentagramma che cagano in faccia a tutto ciò che non appartenga ai compositori classici o alla schiera degli apprezzatori del bel canto tutti noi ci siamo trovati a ripeterne automaticamente il ritornello, nonostante i tentativi disperati per neutralizzare qualsivoglia associazione alla nostra persona.
Ebbene sì.
Parlo di una delle certezze dell’esistenza, una di quelle cose sicure come la vita e la morte: il tormentone estivo.
Quella cagata immane – musicalmente parlando- che in un batter d’occhio sale in cima alla classifica delle hit e ci resta per numerose settimane permettendo al suo autore- o comunque interprete- di diventare anche sfondato di soldi.
Quelle poche note ripetitive e davvero senza alcun valore di merito che costituiscono però un appeal che miele per le api scansati.
E’ inutile opporsi.
Se avete canterellato e siete arrivati addirittura ad abbozzare movimenti di contorno– sebbene solo per pochi secondi – al mefistofelico brano, anche voi in qualche modo ne siete stati sedotti.
Ricordo che tempo fa lessi in un articolo che il nostro cervello tende –infatti- a produrre dopamina attraverso un sound allegro e ritmato, al di fuori dei gusti personali.
Il tormentone, appunto, utilizzando un’alternanza di ripetizione e novità è facilmente riconoscibile dalla nostra appendice neuronale; pochi accordi semplici e una struttura basica composta da versi e ritornello che consentono di memorizzare facilmente e provare un senso di soddisfazione assoluto.
Le canzonette estive non sono altro che questo.
Ovviamente il cervello a un certo punto si scogliona perché ha interiorizzato il brano e se ne distacca, conservandolo però in un angolo della memoria, in breve lo mette nel cassetto.
E lì sono cazzi amari.
Sì signori.
Lì sei fottuto.
Perché nel momento in cui – per qualsiasi ragione- ti si ripropina quel brano a distanza di tempo, allora la nostalgia ti pervade.
Inesorabilmente.
E si unisce talmente tanto al ricordo da attanagliarti la gola.
Quelli come me, gli adolescenti degli anni 90, lo sanno bene.
A te non costa nulla. Per noi è una fonte di soddisfazione enorme.
Nella decade postuma alla caduta del muro, quella del sogno, quella degli anni enigmatici e contraddittori, della middle class e dei primi cellulari, gli anni della “scesa in campo” e di “Mani Pulite” , quegli stessi anni delle nostre fantastiche “Notti Magiche” in cui ci siamo galvanizzati nell’anelito della vittoria, musicalmente siamo stati segnati da alcune di queste canzonette che – in realtà- dischiudono ricordi e ci precipitano nella magia del tempo..
Sono gli anni del Festivalbar.
Gli anni dei primi batticuori.
Gli anni in cui, appena tredicenne, ballavi davanti allo specchio- in attesa di una festa alla quale avevi il permesso di rimanere fino ad orari degni del miglior coprifuoco di Beirut – “Rithm is a dancer”.
E chi ha dimenticato “Please don’t go”? 215 secondi circa di una singola frase da sfrantecamento scrotale che ci ha accompagnato con delirio massimo.
O ancora il nostrano “Hanno ucciso l’uomo Ragno”.
E “What is Love” di Haddaway?
Inoltre, chi è l’essere che può dire di non aver inventato le parole per poter stare dietro allo scioglilingua di Shaggy , noto come “Boombastic”’? Il video su MTV è diventato storia e il connubio con lo sponsor Levi’s fu davvero un Fade Away delle vendite.
Andando avanti nel viale della gloria , chi non ha sognato di ballare con l’amore sospirato dell’epoca “All that she wants” degli Ace of Base, salvo poi accorgersi di essere gli unici a sapere di questo flirt evidentemente a senso unico?
Chi è che può aver scordato “The Summer is Magic”’?
Oppure “The Rithm of the Night”?
Quell’estate del 1994 in cui i Corona, noti soprattutto con il volto della loro leader Olga Maria de Souza, dominano le classifiche internazionali diventando il singolo più venduto dell’anno.
Piccola chicca.
A cantare quel brano in realtà fu Jenny B e la de Souza fu usata solo come figurante.
E chi non è uscito pazzo almeno una volta nel tentare di cantare l’intro di Scatman (Ski-Ba-Bop-Ba-Dop-Bop) riuscendo al massimo a fare un bagno di saliva addosso a qualcuno?
Altra chicca: lui deve la sua notorietà alla sua balbuzie.
Come non citare- ancora- gli Aqua con Barbie Girl?
Un brano imbarazzantemente scarso che però ti faceva alzare il piedino.
Stessa sorte di Horny, che aveva l’unico apparente pregio nella sua irriverenza ma che in realtà era la solita tiritera dance.
E chi ha dimenticato 50 Special dei Luna Pop? Un Cesare Cremonini che ci ha restituito la leggerezza di quegli anni attraverso un inno alla spensieratezza.
Erano gli anni 90 signori.
Erano gli anni della Guerra del Golfo , gli anni in cui si sono gettate le basi del cambiamento, gli anni della crisi economica e della sua immediata ripresa, gli anni delle riforme, gli anni in cui si diventava famosi grazie all’industria discografica presente in maniera massiccia e non servivano i like.
Erano gli anni in cui è esploso il progresso tecnologico e sono cambiate le dinamiche comunicative.
Erano gli anni in cui ci si ritrovava sul muretto e si scambiavano opinioni, si discuteva amabilmente, si cazzeggiava, insomma erano gli anni in cui la dimensione umana faceva da faro.
Ma soprattutto erano gli anni in cui la nostra volontà frustava qualsiasi impedimento in nome del sogno.
I tormentoni servono anche a questo
A mantenere vivo il ricordo, PER SEMPRE.
Valentina
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